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LE GEMME D’ORIENTE
Mirra, incenso, benzoino, storace: le gemme dell’oriente da cui si estraggono gommoresine benefiche.
di Stefania Gugi
Dalle piante considerate gemme dell’oriente si estraggono gommoresine benefiche per l’uomo.
Le gommoresine sono essudati naturali prodotti dall’attività del plasma che colano naturalmente dal tronco o dai rami di alcune piante.
Chimicamente le resine sono miscugli di sostanze eterogenee con strutture molecolari molto complesse. Esse si presentano generalmente solide o semiliquide, variamente colorate, trasparenti e profumate. Questi composti, solubili in alcool o in olio, sono costituiti da acidi aromatici e resinosi, alcooli, olii essenziali, fenoli, terpeni e polisaccaridi.
Le gommoresine tropicali possiedono azione antisettica, battericida e antiparassitaria sia per uso esterno che per via interna, sempre che vengano molto diluite.
Chiamate AROMATA o TIIUMIAMATA le resine tropicali erano anticamente molto diffuse e considerate “spezie”.
Esse, mescolate agli olii essenziali, venivano impiegate nelle preparazioni di unguenti con proprietà medicinali e cosmetiche o bruciati perché si diffondessero le loro proprietà nell’aria.
Mirra e incenso erano le più pregiate, benzoino e storace erano considerate balsami naturali.
Con le conquiste di Alessandro le resine entrarono a far parte della cultura ellenica e si iniziò a importarle direttamente dai luoghi di origine
Nell’antichità
Teofrasto (288 – 272 a.c.) ne vantò le proprietà medicinali come cicatrizzanti, astringenti, disinfettanti, nonché immunologiche, come risulta da preparazioni di antidoti per veleni.
Si narra che Mitridate tentò di avvelenarsi per sfuggire a Pompeo, ma non vi riuscì dal momento che era preservato dal “mithridatium”, antidoto che Cratena aveva preparato per lui con tutte le spezie allora conosciute. Le sostanze che lo componevano erano trentasei e tra esse erano presenti incenso, mirra e storace.
Secondo Dioscoride (65 d.C.), la mirra, sia liquida che solida, era impiegata in profumi antichi famosi come il “metopium” e il “mendesium”.
La trattazione delle spezie, in modo forse più accurato, fu continuato dal naturalista Plinio nella sua “Historia naturalista”. Egli annoverava le gommoresine tra i migliori fissatori per profumi, ma ne lodava anche le proprietà disinfettanti che si esaltano nell’imbalsamazione, come è testimoniato dagli Egizi.
Dopo la morte, la stessa Poppea fu imbalsamata, e non cremata,all’uso romano. Questo episodio conferma quanto alcuni usi mediorientali e orientali fossero ostentazione e moda in alcuni periodi dell’Impero romano, come sotto Nerone. Per le spezie l’Impero spendeva cento milioni di sesterzi l’anno.
Dall’Arabia giungevano incensi, varie qualità di mirra, anche se la migliore rimaneva sempre quella africana. Dalla Siria proveniva lo storace e , da quanto riferisce Plinio, anche il benzoino, dal profumo di vaniglia. Gli Eblaiti, abitanti dell’antichissima città siriana di Ebla (III millennio A.C.) già conoscevano questa resina.
Nella campagna di scavi del 1983 diretta dal Prof. Mattie dell’Università di Roma “La Sapienza” sono state ritrovate nei magazzini del Palazzo reale alcune coppe a piedistallo forato dove si suppone venisse bruciato il benzoino per allontanare serpenti e topi dalle derrate alimentari. Le proprietà fortemente ipnotiche e disinfettanti dei fumi ne confermerebbero l’ipotesi.
Gommoresine tropicali utili per la conservazione dei prodotti.
Nell’antichità l’uso comune dei profumi o meglio delle sostanze odorose, erano un pretesto per attuare norme igieniche. A tale proposito gli Egiziani usavano sciogliere resine come mirra e incenso in olii raffinati di mandorle amare o di olive acerbe (forse il famoso Onfacium) che spalmavano sulla pelle per proteggersi dalla polvere, dai germi, dal caldo come dal freddo. Queste stesse sostanze rappresentavano la base dei preparati non solo per l’imbalsamazione ma anche per le bende destinate ai feriti.
Tra i popoli antichi medicina e cosmesi non erano così distinte come oggi, ma al contrario erano complementari.
Queste gommoresine tropicali quali benzoino, incenso, mirra, storace, possono essere di grande aiuto per la conservazione di prodotti deperibili, anche alimentari, di cosmetici, dei prodotti per l’igiene e come sostanze disinfettanti naturali soprattutto se uniti ad olii essenziali di piante aromatiche.
Queste sostanze naturali così interessanti dal punto di vista igienico e sanitario dovrebbero essere inserite in ricerche finalizzate a nuove soluzioni per sostituire disinfettanti e conservanti sintetici, alcuni ritenuti anche cancerogeni, che creano disturbi allergici e squilibri ambientali così dannosi per l’ecosistema.
Benzoino – Styrax benzoin
Il benzoino è un piccolo albero a foglie lunghe e picciolate originario delle regioni tropicali, soprattutto dell’Asia Orientale comprese la Tailandia, Sumatra e la Cambogia.
Sulle piante di circa sette anni, dopo il periodo delle piogge, si operano dei tagli dai quali sgorga un liquido resinoso.
Questa resina balsamica allo stato liquido ha il sapore del finocchio; ossidandosi diventa scura e acquista un buon odore di vaniglia.
Il benzoino contiene il 10% di acido benzoico libero e il 60% di benzoato di conniferile; a quest’ultimo, e alla sua trasformazione, è da riferire il profumo di vaniglia.
Ha proprietà espettoranti, fluidificanti bronchiali, cicatrizzanti, antisettiche, antiossidanti, estingue la sete, stimola le ghiandole a secrezione interna. Per uso esterno viene impiegato come schiarente, emolliente, leggermente astringente, come fissatore dei profumi. Si usa inoltre per la fabbrica di saponi e cioccolato cremoso. Se viene strofinato sul metallo di notte emette una luce bluastra.
Il benzoino deriva dall’arabo luban al-jawi che significa “incenso di Giava”. Così lo chiamavano gli arabi che commerciavano tra la Cina e Celyon. Questa gommoresina pregiata entrò nel commercio molto tardi rispetto alle altre spezie: si parla della dinastia Sung.
Incenso – Boswelia carterii
L’incenso è un albero di quattro o cinque metri originario della Somalia e dell’Arabia occidentale con corteccia bruno pallido che si stacca dal fusto. La gommoresina si ottiene dall’incisione del fusto dal quale fuoriesce un liquido resinoso che si rapprende all’aria.
Si presenta in lacrime giallo-biancastre solubili in alcool, tondeggianti, fragili e con fratture brillanti. Il sapore è balsamico e l’odore particolarmente aromatico, soprattutto in presenza del calore. L’essudato degli alberi vecchi è più odoroso.
L’incenso liquido migliora la circolazione del sangue fluidificandolo e migliorando la rete capillare. La resina stimola le ghiandole a secrezione interna e il sistema nervoso.
Per uso esterno viene impiegato in composti destinati ad epidermidi molli e asfittiche.
Le specie di incenso sono numerose: per la varietà Boswelia serrata la zona migliore era Dhofar da qui partivano rifornimenti mondiali di incenso.
Mirra – Commifhora myrra
La Mirra è una piccola pianta che cresce in Arabia, in Somalia, Abissinia e in Egitto. Dopo la stagione delle piogge, le cortecce vengono incise e si ricava una resina gommosa gialla, particolarmente solubile in acqua. La resina, che a contatto con l’aria diventa rosso-bruna , è ricca di oleoresine contenenti olio essenziale.
La mirra ha proprietà espettoranti, antisettiche, cicatrizzanti, emmenagoghe, vermifughe. Viene impiegata nelle infiammazioni della bocca e della gola, migliora la circolazione superficiale aiutando l’ossigenazione delle cellule. Ha sapore amarognolo e odore balsamico pungente.
Usata in profumeria come fissatore rende le fragranze più soavi. Notizie sulla funzionalità della mirra provengono soprattutto dalla medicina faraonica dove la mirra veniva impiegata anche come eccitante della sfera sessuale.
Le specie di Commifhora sono ben quattordici. La mirra africana, la Trogoditica, secondo Plinio, sembra che fosse la migliore. La vera patria della mirra era l’Africa, e non l’Arabia, soprattutto la costa somala, che gli Egizi chiamavano Punt.
In epoca romana, la Trogoditica continuò ad essere il rifornimento per il Mediterraneo. La mirra era una delle spezie che venivano usate per l’imbalsamazione, come ingrediente dell’incenso da bruciare, delle medicine , e come aroma per i vini. “E gli offrirono vino mescolato a mirra”. Offrire vino aromatizzato con mirra era un segno di ospitalità squisita.
Storace – Liquidambar orientalis
Con lo stesso nome vengono chiamate dure resine aromatiche estratte da due piante molto diverse.
La prima, detta anche storace liquido, si estrae da un albero rustico originario dell’Asia Minore a foglie alterne simili all’acero.
La seconda pianta, simile al cotogno, è con fiori bianchi come quelli dell’arancio. Questo è il vero storace, un alberello di origine mediterranea, che anticamente cresceva anche nel territorio di Roma verso Marino.
La resina morbida, viscosa, bruna delle due piante, che si ottiene incidendo la corteccia , ha le stesse proprietà . Consistente come il miele ha sapore acre, pungente e odore balsamico , fresco. I costituenti di questa resina meno conosciuta sono: storesina, alpha e beta, estere cinnamico, vaniglia, stirolo.
Insolubile in alcool è disinfettante, cicatrizzante, calmante. Lo storace veniva impiegato per l’amenorrea, per migliorare il colorito delle guance, come deodorante. La qualità migliore proveniva dalla Siria.
Esiste un altro storace liquido, chiamato americano o balsamo d’ambra, comune alle foreste dell’Africa boreale.
Stefania Gugi –
Nutrizionista
Naturopata
Psicosomatica
Bibliografia
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Compendio dei prezzi in denari ( 60 lire anno 1964 ) per libra romana (327,45 g)
Plinio Historia Naturilist.
Incenso 1 qualità 6 | 2 qualità 5 | 3 qualità 3
Mirra 16 1/2
(trogotica)
e tropica
Eritrea 16
Profumo 12
Stacte 3.50
(mirra liquida)
Storace 17
(siriaco)